I proprietari di casa che affidano a una sola ditta, o anche a un solo operaio, l’esecuzione di lavori per la manutenzione del loro immobile sono responsabili delle condizioni di sicurezza nelle quali avvengono i lavori, in particolare per le situazioni di evidente pericolo per individuare le quali non serve avere specifiche competenze tecniche.
Lo sottolinea la Cassazione – intervenendo nell’ambito frequentissimo dei cosiddetti cantieri sottosoglia, quelli dove è impegnata una sola ditta esecutrice – che ha confermato la condanna per omicidio colposo a carico di una signora che aveva commissionato il trasloco di casa a un’azienda.
Il lavoratore morì cadendo dal parapetto del terrazzo per la mancanza di alcune accortezze.
Ricorda infatti la Suprema Corte – respingendo il ricorso di Francesca A. contro la condanna inflittale dalla Corte di Appello di Napoli nel 2015, la cui entità non è precisata – che si trattava di una struttura carente.
Senza successo l’imputata di 76 anni, residente a Torre Annunziata, ha sostenuto che «non è possibile ravvisare una generica negligenza o imprudenza del committente in presenza di incarico affidato a un’azienda che lavora in autonomia imprenditoriale assumendo i rischi del proprio operato».
La difesa della signora, inoltre, aggiungeva che non si può pretendere dal committente dei lavori «soprattutto se soggetto privato e privo di specifiche competenze tecniche, di verificare la concreta adozione di cautele antinfortunistiche».
La Cassazione ha replicato che è escluso che il committente «sia gravato da obblighi in materia antinfortunistica con riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica» mentre non è «esonerato da obblighi prevenzionali, di carattere non specifico, come nella ipotesi di caduta dall’alto di un operaio, da un lucernaio o da un cornicione».
Dunque, la signora Francesca «a fronte della insipienza organizzativa e alla eclatante evanescenza applicativa di basiliari regole prevenzionali rilevabili ictu oculi» – e maldestramente realizzate dall’azienda incaricata da lei dei lavori – avrebbe dovuto «adoperarsi per la eliminazione delle fonti di rischio anche mediante i poteri inibitori nascenti dalla posizione contrattuale di cui era titolare, in tale inerzia risolvendosi la condotta colposa a lei attribuita».